L'Editoriale
Festival 2024
Che i festival coraggiosi ci salvino
Dario Ascoli
autore dell’editoriale
Ci sono richieste che rivelano un ottimismo implicito che lo stesso uso dei termini può rivelare; così quando l’ottimo maestro Cosimo Prontera mi ha invitato a mettere giù un breve scritto su dove stesse andando la cultura in genere e musicale in dettaglio, ha mostrato un ottimismo dell’impegno nell’ adottare un verbo di moto riferendolo a fenomeni, proposte, processi culturali.
Resta tuttavia non determinato il verso del vettore con cui, con una nemmeno troppo forzata analogia fisico-matematica potremmo descrivere una politica culturale, magari con una malcelata speranza tardo-positivistica di adottare un modello scientifico che permetta di studiare se non governare i fenomeni di proposta, elaborazione, fruizione e informazione culturale.
Sfogliando quello che va assumendo i connotati e la funzione di reperto museale, ovvero un quotidiano cartaceo, è evidente che lo spazio riservato a notizie e approfondimenti culturali sia davvero marginale e che la progressiva scomparsa delle recensioni abbia come effetto, tutt’altro che indesiderato dagli editori, la non assunzione di posizioni soprattutto nei confronti delle proposte delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche perché questi soggetti hanno management politici che saggezza pragmatica consiglia ai più di non inimicarsi troppo perché, non si sa mai, dalla tastiera QWERTY allo scranno il passo è piacevole.
Naturalmente il fenomeno non è assoluto, ma è certo diffuso, e lo si racconta nelle assemblee dell’Associazione Nazionale dei Critici Musicali, in cui associati sempre più diversamente giovani, si trovano a raccontare, cercando conforto solidale, quanto la professione del critico musicale sia sempre più ostacolata, ovvero piegata ad informare in modalità di annuncio, degli eventi, si intende quelli delle istituzioni più grandi, al più corredando gli scritti con qualche riferimento storico e musicologico.
Imperativo è non urtare la sensibilità del lettore che deve essere trattato da analfabeta di ritorno, senza sia nota neppure dove l’andata lo abbia condotto: forse al più vicino rapper.
L’effetto della strategia è azzerare il potere di giudizio dei lettori e del pubblico, onde poter loro somministrare quanto di più funzionale al potere e di più redditizio, laddove le istituzioni possano assumere sempre più un mero ruolo di indottrinamento all’obbedienza ai valori del Sistema e di acquisizione di clientele politiche impegnando costosi budget per produrre eventi su cui non potranno nemmeno contrapporsi pareri e fazioni se non tra tradizionalisti para-archeologi e pseudorivoluzionari della provocazione ad ogni costo.
Chi spiegherà che tra un inarrivabile Luchino Visconti e l’ultimo regista a caccia di titoli sulle scandalizzate reazioni di benpensanti ultrasettantenni, può trovare e trova spazio un’autentica creatività?
E chi ancora spiegherà che non ha senso affermare che si debba suonare quello che c’è scritto, senza interrogarsi sulla circostanza che, trattatistica docet, ogni epoca e persino ogni regione geografica attribuisce significati diversi al medesimo significante musicale?
In assenza di una rivalutazione del ruolo di una critica musicale qualificata, si predisporranno platee prive di capacità di discernimento cui somministrare, volando basso, finti tenori che scimmiottano, senza avvicinarvisi nemmeno, le grandi voci del passato.
E non si speri nell’Intelligenza Artificiale, se quella naturale sarà stata tacitata troppo a lungo e sostituita dalla mercantile furbizia!
Che i festival coraggiosi ci salvino dall’appiattimento nazional-popolar-rappistico e dalle filologie romanticizzate, da amministratori locali amusi che si autonominano direttori artistici, salvo poi affidare eventi a scatola chiusa nelle mani di agenzie di artisti, che, per carità, svolgono il loro ruolo, ma certo precostituiscono scelte, per valide che siano, secondo criteri di propria convenienza e non di progetto artistico.
Tornare non solo a partiture, ma anche a prassi esecutive e approcci intellettuali da secolo dei lumi può rivelare quanta vitalità inespressa sopravviva e quanto essa possa offrire.
DARIO ASCOLI
Giornalista e Cristico musicale