Chi nasce sotto il segno del Leone ha personalità decisa!

Chi nasce, poi, il quinto giorno dell’ottavo mese dell’anno ha quasi certamente una grande capacità di scegliere nei tempi giusti quello che deve fare.

Chi è avvezzo ai quadri zodiacali sa che in questi termini si descrive il segno del Leone sotto il quale nasce Don Lionardo, al secolo Leonardo Leo.

Siamo al 5 agosto del 1694, in San Vito degli Schiavi (odierna San Vito dei Normanni), nell’agro di Brindisi, diocesi di Ostuni, nel distretto di Terra d’Otranto, Regno di Napoli. Non possiamo definirlo smagliante il XVII secolo per le performance economiche e politiche che si vissero in Puglia, e in questi perimetri economici e sociali Corrado de Leo e Rosabetta Pinto si sposarono il 3 febbraio del 1692 nella chiesa di S. Maria della Vittoria.

Dalla loro unione, in primogenitura era venuta al mondo Ortenzia, morta prematuramente, e successivamente Leonardo Ortenzio Salvatore nato il 5 agosto del 1694, il quale fu battezzato il giorno successivo come recita l’atto di battesimo; i padrini furono Theodomiro de Leo e Lucia Chionna.

Nessuno avrebbe immaginato che trasferitosi a Napoli il giovane Lionardo sarebbe diventato uno dei riferimenti mondiali della musica e maestro di maestri!

Leonardo si trasferì a Napoli nel 1709 dove intraprese gli studi presso il conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini. Leo divenne allievo di Nicola Fago e di Gennaro Ursino, alcune fonti lo danno come alunno di Ottavio Pitoni a Roma.
Nel 1712 il suo dramma sacro Santa Chiara, o L’infedeltà abbattuta, venne rappresentato all’interno del conservatorio; il 14 febbraio dello stesso anno fu replicato nel palazzo del Viceré, si intuisce la speciale attenzione rivolta verso la composizione di Leo, ai tempi ancora un apprendista.
Una volta terminati gli studi, fu assunto come organista presso la Real Cappella e come secondo maestro di cappella della Cattedrale (il primo maestro era Fago). Compose un cospicuo numero di opere e musica religiosa che ricevettero il vivo apprezzamento del Viceré e della nobiltà.

La sua prima opera, Il Pisistrato, andò in scena il 13 maggio 1714. Successivamente ricevette commissioni per intermezzi e serenate e per la sua seconda opera, Sofonisba, nel 1718, ed in seguito per Caio Gracco (1720). Le commissioni per nuovi lavori arrivarono incessantemente sino alla sua morte. Nel 1723 compose la sua prima opera per Venezia e, nello stesso anno, contribuì allo sviluppo della commedia musicale napoletana con La ’mpeca scoperta, che gli conferì la fama di compositore di opere buffe.

Dopo la morte di Alessandro Scarlatti nel 1725 Leo fu promosso a primo organista della Cappella Reale. Tra il 1726 e il 1730 non ricevette commissioni dal Teatro San Bartolomeo di Napoli, probabilmente a causa della concorrenza di Vinci ed Hasse nel campo dell’opera seria. Tuttavia ebbe commissioni da Roma e Venezia e proseguì a Napoli la sua carriera di compositore di opere buffe. Quando, nel 1730, morì Vinci ed Hasse lasciò Napoli, Leo divenne la figura dominante della vita musicale della città. Prese il posto di Vinci come pro-vicemaestro e, alla morte di Mancini, nel 1737, fu eletto vicemaestro della Cappella Reale. In qualità di vicemaestro gli venne concesso di accettare lavori da altri committenti (1737 Bologna, 1739 Torino, 1740 Torino e Milano) e, attraverso i legami di sangue dei Reali napoletani, ricevette commissioni dalla corte di Spagna.

Leo non era stimato soltanto come compositore di opere, ma anche di oratori, tra cui citiamo il Sant’Elena al Calvario e La morte di Abele, entrambi su libretto di Metastasio (suo autore prediletto) e di musica ecclesiastica: «La sua musica da Chiesa non ha meno maestosità di quella di Durante ed ha più fascino; tocca il cuore ed imprime in esso slanci di tenera devozione» così si espresse il Festis nel Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique.

Nel 1944, fu nominato maestro di cappella presso la Cappella Reale. Leo divenne uno dei compositori napoletani più richiesti del suo tempo. Anche la sua copiosa produzione teatrale riscosse grandi successi: «Ugualmente notevole per la sua musica per il teatro, Leo è sempre, in essa, nobile, spesso sentimentale ed appassionato, ed attraverso mezzi semplici ottiene grandi effetti» ancora il Fetis; e il Marchese di Villarosa nelle Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli così disse di lui: «Si dice che niun Compositore de’ tempi suoi abbia dato alla Musica quella sublime elevazione, e quella nobile maestà che fanno il carattere principale della Musica di Leo. Nelle produzioni buffe non ricorre alla scurrilità, ma serba una grazia e venustà, che sempre alletta. Il suo temperamento, e ‘l suo carattere serio e sensibile lo portava a tal genere di Musica; e perciò preferiva sempre quando bisognava i tuoni cromatici, e maestrevolmente se ne avvaleva. Univa tutta la difficoltà di sostenere un tal genere di Musica, specialmente in quella di Chiesa, con tutta la dolcezza e facilità, che sono del più grande effetto anche nelle composizioni le più raffinate; quindi per le espressioni, e pel gusto Leo sarà celebre in tutti i tempi.»

Ma l’attività alla quale fu legato per tutta la vita è quella di didatta.
Dal 1716 lavorò come secondo maestro al Conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini, nel 1739 succedette a Feo come primo maestro al Conservatorio di Sant’Onofrio e, nel 1741, assunse l’incarico di primo maestro presso Santa Maria della Pietà dei Turchini, prendendo il posto del suo insegnante, Fago.

Uno dei compiti richiesti agli insegnanti dei conservatori era la composizione di partimenti e solfeggi, di livelli diversi di difficoltà per essere accessibili a tutti gli studenti. Leo compose circa 200 partimenti.
Leo predilesse la composizione di partimenti in forma di Concerto o Toccata, anche se scrisse numerose Fughe e Sonate.

Florimo nel suo Cenno storico sulla scuola musicale di Napoli parla di Leo come insegnante prodigo di elogi verso i giovani compositori «e le sue maniere con gli allievi erano dolci ed incoraggianti». I vari episodi raccontati sul conto del Maestro mostrano la sua capacità di comprendere i giovani e di ridere del loro estro. Esemplificativo è l’aneddoto sul Miserere concertato a due Chori composto nel 1743 per il Duca di Savoia, che riscosse grandissimo successo in tutta Italia. A proposito di questo brano riportiamo quanto scritto da Fétis: «Il suo Miserere a due cori è notevole sia per l’elevatezza del sentimento che lo ha ispirato, sia per la purezza dello stile, e vi si ritrovano delle tracce del bello stile della scuola romana, dove il compositore è stato formato. Nella sua musica da Chiesa in stile concertato ed accompagnato, Leo conserva la semplicità, e si fa ammirare per la bellezza dell’espressione». Il brano riscosse un’immediata approvazione: «Dopo aver ascoltato questa ammirevole composizione, il duca di Savoia provò un’emozione così forte che coprì l’artista di doni, e gli assicurò una rendita vitalizia di cento once d’argento». Al rientro a Napoli da Torino, i suoi allievi, che avevano udito del grande riscontro ottenuto dal brano, chiesero al Maestro di vedere la partitura del Miserere, ma lui, ritenendo l’opera di proprietà del Duca che gliela aveva commissionata, si rifiutò. Un suo allievo riuscì a trovare il manoscritto e lo copiò insieme ai suoi compagni. Alcuni giorni dopo invitarono il maestro ad ascoltare un nuovo brano ed eseguirono il Miserere. Inizialmente il Maestro si arrabbiò, ma, commosso dai sentimenti e dall’interesse che i giovani provavano per il suo lavoro, rise del loro gesto e apportò delle correzioni alla loro esecuzione.

Oltre a Piccinni, tra gli allievi di Leo citiamo Jommelli, Sala e Cafaro che, alla morte del Maestro, prese il suo posto nell’insegnamento. Nel periodo in cui Leo era primo maestro alla Pietà dei Turchini e Durante a Sant’Onofrio di Loreto si creò una disputa tra i seguaci di Leo e quelli di Durante, che durò fino ai primi dell’Ottocento, per contendersi il primato dell’insegnamento musicale.

Leo era un «uomo di statura regolare, piuttosto di bello aspetto, di color bruno, di temperamento igneo, d’occhi vivaci e neri, di un nobile portamento. […] Laborioso all’eccesso, impiegando talvolta le intere notti in comporre e secondare il suo estro armonioso senza sentir mai stanchezza, amava molto le sue produzioni; ma avendo la coscienza del suo ingegno e del suo sapere, non disprezzava, anzi elogiava senza veruna ostentazione quelle dei suoi compagni rivali di gloria».

Leo scrisse circa 520 composizioni «morì il 31 ottobre 1744 colpito da apoplessia mentre componeva un’aria buffa per La finta Fraschetana e fu «trovato colla testa appoggiata sul cembalo, di modo che si credeva in sulle prime che dormisse, ma poi si vide che era trapassato».