4: THE LUCKY NUMBER by LEO e VIVALDI

Gli ultimi studi musicologici sulla dinamica Napoli tra il Sei e Settecento si sono concentrati sulla musica strumentale, che nella capitale non è mai mancata. Sono mancate invece quelle figure catalizzatrici come Vivaldi a Venezia o Corelli a Roma, di conseguenza è mancata la giusta attenzione da parte degli studiosi, attratti dalla musica vocale. I virtuosi che sono nati nell’area partenopea o che sono transitati sono eccellenze di chiara fama: basti ricordare Antonio Lombardi, Nicola Matteis, Giovanni Bononcini, per passare a Francesco Geminiani, Georg Pisendel, Johann Joachim Quantz, o il violinista Gaetano Francone, il violista da gamba Rocco Greco, il violoncellista Francesco Supriani; l’elenco continua con  Salvatore Lanzetti, uno dei maggiori virtuosi di violoncello, Michele Mascitti che a Parigi presenta i primi concerti grossi, Giovanni Antonio Piani, Giovanni Antonio Guido, Angelo Ragazzi, primo violino della cappella reale napoletana e di Vienna, Ignazio Raimondi virtuoso di violino. L’elenco continuerebbe, possedendo molti altri un’impeccabile tecnica e bravura compositiva. Sorprende però che a Napoli non ci sia stata una produzione di rilievo dedicata al concerto, probabilmente perché mancò uno una classe media capace di godere di tale repertorio. A Londra e a Parigi erano presenti numerose istituzioni concertistiche che appagavano le richieste di una esuberante classe borghese, cosa che fu inesistete a Napoli dove, tuttavia, una rete di mecenati sostituì queste istituzioni e sostenne la produzione di musica strumentale. Tra i più in vista nel Viceregno fu Giovanni Battista d’Avalos marchese del Vasto. L’aristocratico fu molto presente nella vita culturale della città e il suo coinvolgimento negli spettacoli del Teatro Nuovo sopra Toledo non era una novità. Il mecenate fu influente anche sul teatro dei Fiorentini e quindi sulle produzioni. Ciò si evince dalla dedica a lui indirizzata sui libretti di due opere: Il baron della Trocciola intonato da Giovanni Fischetti su libretto di Tommaso Mariani e L’Amico traditore, dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro dei Fiorentini nel carnovale dell’anno 1737, con musica di Leonardo Leo. Il D’Avalos non solo aveva propiziato la messa in scena della commedia leana ma aveva anche commissionato il Concerto per quattro violini obbligati in Re maggiore, sulla cui partitura è specificato il compositore, il «signor Leonardo Leo per servizio di sua eccellenza il signor marchese del Vasto».

Il concerto in quattro movimenti fa parte di quell’idea innovativa, o sperimentale, di Don Lionardo. In pochi si erano cimentati nel far “cantare” quattro violini contestualmente, tra cui Antonio Vivaldi (RV 553) e Georg Philipp Telemann (TWV 40:202). I movimenti si alternano evocando il modello corelliano: dal solenne e compassato incedere del Maestoso iniziale si va nel complesso gioco contrappuntistico della Fuga, per poi assumere atteggiamenti più delicati nel flessuoso 6/8 del Moderato per tornare alla tonalità di partenza nello smagliante Allegro finale. C’è un sottile filo rosso che collega il nostro Sud, quello popolare non aristocratico, alle capitali d’Europa dove Antonio Vivaldi operò. Questo collegamento carsico ce lo offre una figura femminile: Camilla Calicchio, figlia di un sarto di Pomarico, un piccolo centro della Basilicata che diventerà la madre di Antonio Vivaldi. Camilla Calicchio e Giovanni Battista Vivaldi si sposarono l’11 giugno 1676. Il primo degli 8 figli, Antonio Lucio, nacque il 4 marzo 1678 a Venezia. Fin dalla giovane età, si notò la precoce attitudine musicale di Antonio e fu avviato allo studio del violino con diversi maestri. A soli 10 anni, lo ritroviamo ad esibirsi presso la cappella di San Marco a Venezia. Questo segnò l’inizio di una carriera straordinaria che lo condusse a diventare uno dei più importanti compositori del barocco europeo. Nel 1725, il già stimato Don Antonio pubblicò la sua Opera VIII, intitolata Il Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione, comprendente 12 concerti per violino solista e orchestra d’archi. Questi concerti, pubblicati per i tipi di Michel-Charles Le Cène di Amsterdam, includono i celebri concerti delle Stagioni. Si tratta di uno dei primi esempi di musica a programma, dove ogni concerto è accompagnato da un sonetto adespota che aiuta l’ascoltatore a immergersi nel mondo sonoro delle Stagioni vivaldiane. Ogni concerto de Le stagioni si suddivide in tre movimenti, con due Allegri (inizio e fine) intervallati da uno centrale in Adagio o Largo, seguendo uno schema ampiamente sperimentato da Vivaldi. La musica a programma si rivela nei tre movimenti della Primavera: si descriveranno il canto degli uccelli, il riposo del pastore con il suo cane, e infine la vivace danza. In modo simile l’Estate dipinge i toni violenti della tempesta improvvisa e nell’Autunno è raffigurata il rito della vendemmia, mentre nell’Inverno si descrive l’azione del vento gelido e la lenta caduta della pioggia sul terreno ghiacciato.

Programma

Leonardo Leo (1694 – 1744)

Concerto per quattro violini obbligati e bc in re magg. per il Marche del Vasto

Maestoso, fuga, moderato, allegro

Il Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione op. 8 per violino, archi e continuo

Antonio Lucio Vivaldi (1678 – 1741)

Concerto in Mi magg. op.8 n.1 “La Primavera”

Allegro, Largo e pianissimo sempre, Danza pastorale Allegro

Concerto in Sol min. op.8 n.1 “L’Estate”

Allegro non molto, Adagio-Presto, Presto (Tempo impetuoso d’estate)

Concerto in Fa magg. op.8 n.3 “L’Autunno”

Allegro, Adagio, Allegro

Concerto in Fa min. op.8 n.4 “L’Inverno”

Allegro non molto, Largo (La Pioggia), Allegro

Riccardo Zamuner violino solista
LA CONFRATERNITA DE’ MUSICI

Cosimo Prontera direttore al cembalo

Gabriele Politi, violino principale
Alberto Caponi, Giovanni Rota violini primi
Federico Valerio, Cristiano Brunella,
Iben
Bøgvad violini secondi
Paolo Castellitto, Francesco Masi viole
Fabio De Leonardis, Cristiano Rodilosso vlc.
Maurizio Ria violone
Giuseppe Petrella Chitarra barocca e Tiorba

Con la partecipazione di Sebastiano Somma